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Anno: 2018

Violenza sulle donne: questioni di genere

di Elisabetta Boeddu

Il 25 novembre si celebra la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

La stampa, nella maggior parte dei casi, ci parla di violenza sulle donne unicamente come espressione di una patologia nell’aggressore o di una incapacità dello stesso a controllare la propria rabbia. Per offrire una spiegazione più ampia del fenomeno però ritengo certamente più utile sostituire le parole “violenza sulle donne” con  violenza di genere. La violenza, infatti, non è solo una questione di “donne”, bensì di “uomini e donne”. In particolare, la violenza di genere è espressione di una patologia relazionale tra persone, fortemente legata alla modalità con cui le relazioni tra uomini e donne si costruiscono e si strutturano e ai modelli di “uomo” e “donna” che la società ci propone.

I termini che utilizziamo per definire il fenomeno infatti veicolano significati ben precisi, contribuendo a creare un sistema di ruoli e di aspettative sociali in base al quale a uomini e donne vengono attribuite caratteristiche ed inclinazioni diverse, presentando tale differenza come la diretta conseguenza della diversità maschile e femminile sul piano biologico e fisico. Credenze e stereotipi come questi sono subdoli e difficili da eradicare. Nessuno di noi, infatti, è immune da tali meccanismi che sono funzionali alla nostra mente e in grado di aiutarci a semplificare e comprendere in modo più rapido la realtà. Tali differenze, infatti, non sono biologicamente determinate bensì apprese in famiglia, a scuola, nei contesti sociali di appartenenza.

La violenza è il risultato del conservarsi di una condizione storicamente ineguale, che ha portato a una disuguaglianza profonda nei rapporti tra uomini e donne, al permanere di una struttura patriarcale basata su un condiviso squilibrio di potere tra uomo e donna, alla diffusione di una idea di inferiorità del sesso/genere femminile rispetto al genere maschile e ad una costante oggettivazione della donna.

La supposta inferiorità della donna rispetto all’uomo e l’utilizzo del corpo della donna come semplice “oggetto”, ad esempio, sono presenti in maniera pervasiva nella comunicazione utilizzata dai mass media, che utilizza il corpo della donna o parti di esso per affermare che la donna vive in funzione del volere maschile o per rendere più appetibile una campagna pubblicitaria (nella maggior parte dei casi indirizzata agli uomini), dando alla donna lo stesso valore del prodotto da vendere: un pneumatico per auto, un profumo, un’utilitaria ultimo modello.

Il radicamento di stereotipi di questo tipo nella vita sociale, economica, culturale, e politica del nostro paese rappresentano un ostacolo non solo al raggiungimento della parità tra i generi, ma anche una delle cause principali alla base dei fenomeni di violenza sulle donne. Intervenire per abbattere tali stereotipi e promuovere azioni che siano di valorizzazione delle differenze di ciascuno e dell’uguaglianza reale tra uomini e donne rappresentano un’azione di prevenzione primaria della violenza di genere a cui siamo quotidianamente chiamati, non solo il 25 novembre.

I ragazzi al Teatro Lirico con Massimiliano Medda: una risata va sempre bene

di A.M.

L’opera al Teatro Lirico di Cagliari con un protagonista d’eccezione. Massimiliano Medda, attore cagliaritano e capocomico della Compagnia Lapola, ha portato in scena le opere più prestigiose e conosciute. In platea un pubblico particolare: i bambini e i ragazzi delle scuole. Dal Nabucco al Barbiere di Siviglia passando, tra gli altri, per l’Aida, La Boheme, La Traviata, La Ciociara, Lucia di Lammermoor. «Da diversi anni collaboro con il Teatro Lirico e tutte le opere che vengono fatte nella versione serale vengono proposte per le scuole». Un modo divertente per far conoscere ed educare al teatro le nuove generazioni, spesso lontane da questa forma di comunicazione: «È fondamentale perché, grazie agli spettacoli, ai concerti, alle proiezioni dei film che i ragazzi conoscono e si abituano alla cultura. Le nuove generazioni sono cresciute con l’idea che l’opera è noiosa invece non è così.

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Sport e inclusione sociale

di A.M.

Diciannove ragazzi in giro per la Sardegna con due parole d’ordine: sport e inclusione. Carlo Mascia è il responsabile della Polisportiva Olimpia Onlus. Diploma di Laurea all’ISEF con una specializzazione in psicomotricità funzionale infantile, ogni giorno fa 279 chilometri, per permettere ai suoi ragazzi con ritardo intellettivo, dai 9 ai 54 anni, di praticare dodici sport, tra cui basket, beach tennis, bocce, bowling, calcio, nuoto e da quest’anno anche sci nautico. Dal divano di casa alle palestre dell’isola per imparare lo sport, grazie ad istruttori qualificati, e sognare quello che per loro potrebbe diventare un lavoro, magari da assistant coach, per mettersi a disposizione degli altri. Nata nel 1984 è stata la prima società in Sardegna ad occuparsi dell’attività motoria dedicata alla disabilità intellettiva.

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Rispetto delle regole e degli avversari

di A.M.

L’educazione nello sport parte dai più piccoli e arriva fino agli atleti delle prime squadre. Il Centro Universitario Sportivo di Cagliari conta dieci sezioni sportive agonistiche (atletica leggera, basket, calcio, canoa, futsal, hockey su prato, scherma, tennis, vela e volley), mille atleti tesserati, oltre seicento tra bambini e ragazzi in età scolare, e quattromila studenti in possesso della CUS Card. Un centro sportivo dove si lavora per il futuro sportivo e quello della società moderna che corre in pista e in campo e non solo sui social.

Educare allo sport significa per noi insegnare gli atleti, fin dai più piccoli, a conciliare il naturale spirito competitivo con il rispetto delle regole e dell’etica sportiva.

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Il Rotary e le nuove generazioni: crescere con lo scambio giovani

di Massimo Melis

Il Rotary International è sempre stato attento al tema delle Nuove Generazioni tanto da considerarlo parte integrante dei suoi programmi permanenti di azione. È un argomento talmente importante da averci dedicato un mese dell’anno sociale, ma soprattutto il costante impegno di tante persone e risorse. La chiave di lettura in cui oggi possiamo riassumere questo impegno è: guardiamo ai giovani come il futuro della nostra società e attraverso i nostri programmi dedicati alle Nuove Generazioni, sviluppare motivi ed elementi di crescita per loro attraverso i valori fondamentali della nostra organizzazione. Etica, leadership, ma anche occupazione qualificata dedicata ad una nuova classe dirigente e non solo.

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