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“Una pizza in Kenya”: cibo e solidarietà per l’Admiss

“La pizza non è un primo. La pizza non è un secondo. La pizza non è un alimento. La pizza è l’essenza della felicità”.

Pizza e solidarietà con il progetto “Pizza in Kenya” dell’associazione Admiss Onlus (Amici della Missione). Una settimana nel paese africano per insegnare ai ragazzi come realizzare uno dei cibi italiani per eccellenza. A portare i colori e i sapori della pizza in Africa sono stati Pierandrea Maxia, Salvo Di Giuseppe Taormina e don Gabriele Casu. I tre hanno presentato il progetto durante la puntata di “Alle 21” in onda su RSE Radio Sant’Elena.

«Il progetto è stato realizzato a Tumaini, nella missione diocesana di don Franco Crabu e ha coinvolto una quindicina di ragazzi. Alcuni di loro erano già inseriti nel mondo del lavoro, altri arrivavano da situazioni particolari – ha raccontato Pierandrea – Abbiamo insegnato ai ragazzi come si fa la pizza. Si tratta di un bene semplice che possa dare la possibilità di creare un minimo di economia così da poterne fare anche un lavoro». Il progetto, portato avanti anche grazie all’Associazione Sandremo, è passato anche sulle frequenze di Radio Deejay con una telefonata di Pier Andrea durante il programma Deejay Chiama Italia durante la puntata dedicata alla giornata mondiale della pizza, una bella occasione per far conoscere al grande pubblico questa idea.

«È stata una esperienza meravigliosa – ha affermato Salvo  – I ragazzi hanno risposto bene. Gli abbiamo insegnato a fare un impasto semplice. In un paio di giorni hanno imparato a fare bene la pizza. L’ultimo giorno li abbiamo messi alla prova: abbiamo invitato quaranta bambini del centro pastorale più gli assistenti e gli educatori e loro hanno fatto la pizza, da soli, per sessanta persone e sono andati molto bene. Abbiamo fatto anche la mozzarella. La fortuna ci ha aiutato: siamo riusciti a farla filare a farne un chilo, un chilo e due per fare la pizza. Speriamo che questa esperienza gli sia utile»  Per fare le pizze sono stati usati gli ingredienti locali, come la farina, mentre i tre hanno portato dalla Sardegna la pasta filata. «Non ci sono state grandi difficoltà logistiche. Le pizze uscivano tonde con una qualità di una media pizzeria italiana».

Un’altra parte importante del progetto è don Gabriele Casu, parroco nella parrocchia del Sacro Cuore a Quartu Sant’Elena e per dodici anni missionario in Brasile. Per lui, oltre al compito di guida spirituale, anche quello di assaggiatore: «È stata una esperienza di missione sui generis. L’obiettivo era quello di favorire un interscambio di culture e di insegnare come fare la nostra pizza italiana. Non ci siamo fermati solo all’aspetto pratico ma abbiamo trasmesso anche qualcosa di bello e di buono». I giovani del progetto faranno tesoro di tanti piccoli insegnamenti soprattutto nel mondo del lavoro: «Noi l’abbiamo fatto con questo intento: che i giovani che hanno partecipato al corso potessero avere la possibilità di inserirsi in questo campo lavorativo. In Kenya così come in altri paesi del mondo che non hanno la cultura della pizza la concorrenza è molto meno. Abbiamo visto che le pizzerie delle città hanno prezzi proibitivi per il popolo. Ci piace pensare che i giovani che hanno partecipato al corso possano proporre la pizza anche a prezzi più popolari, così che anche i meno abbienti possano gustarsi una buona pizza senza che sia una prerogativa dei ceti più alti»

Non solo pomodoro e mozzarella ma anche tanta umanità: «È stato bello vedere le dinamiche che si sono create, anche di gioco e di scherzo, durante il lavoro – ha proseguito don Gabriele –  Abbiamo vissuto anche alcuni momenti molto belli. Tra questi, la visita ai bambini della Casa della Speranza di Tumaini dove lavorano due volontarie sarde. Abbiamo trascorso un pomeriggio bello, intenso. Siamo stati accolti bene con canti e danze. Poi siamo stati a giocare con loro. Ci sono stati i momenti di condivisione, di commozione. Ci siamo lasciati con la speranza di poter vivere altre esperienze simili. Anche se è stata una esperienza breve siamo tornati a casa con il cuore pieno di gioia. Speriamo di replicare questa esperienza in altre parti del mondo»

Completato il progetto, si pensa ad un nuovo obiettivo: « Abbiamo una mezza idea: vorremmo realizzare lo stesso progetto in Brasile, a São Vicente Férrer, il municipio più povero del paese nella diocesi di Viana. Dobbiamo entrare in contatto con il parroco, padre Rosivaldo, e se accetta la sfida noi siamo pronti per proporre questo corso magari con un po’ più di tempo per poterci dedicare delle lezioni anche a mettere su una attività commerciale» ha concluso don Gabriele.

Alle 21

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Pubblicato da RSE Radio Sant'Elena su Lunedì 4 marzo 2019
Guarda la puntata di Alle21 in onda su RSE Radio Sant’Elena
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