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Anno: 2018

Un mondo di buone pratiche

di Andrea Matta

Una giornata per raccontare le buone pratiche da tutto il mondo.

Il 16 giugno scorso è stata celebrata la sesta edizione dell’Impact Journalism Day.

L’iniziativa, nata da una idea del francese Christian de Boisredon e dall’agenzia Sparknews, mette insieme cinquanta testate giornalistiche impegnate a far conoscere storie in grado di cambiare la vita delle persone, di andare oltre le frontiere e azioni concrete realizzate per affrontare un problema sociale.

Un network di “giornalismo di impatto” che, in una giornata, riesce a mettere insieme 120 milioni di lettori.

Alcuni giornali, oltre a partecipare alla giornata di sensibilizzazione raccontano con cadenza settimanale alcune buone pratiche.

In Italia, questa operazione viene portata avanti al Corriere delle Sera grazie all’inserto “Buone Notizie”.

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Men vs Fake News

di Alessandro Atzeni

Il futuro del giornalismo passa da qui, da un punto di rottura tra diverse generazioni e da un diverso modo di intendere una professione che, fino a poco tempo fa, ha contribuito alla nostra crescita personale e di comunità.

Una crescita che però non è stata sempre in divenire, ma ha subito tracolli anche pesanti, fino ad arrivare ai giorni nostri in cui chiunque, in ogni parte del mondo e nello stesso istante, è potenzialmente un giornalista.

Allora com’è possibile stabilire chi dice il vero, di chi ci dobbiamo fidare per distinguere le notizie reali dalle fake news?

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Passione e determinazione

di Federica Ginesu, Valentina Guido e Susi Ronchi

Passione e determinazione. Gli albori del giornalismo delle donne in Sardegna.

Avevano vinto ostacoli e resistenze.

Si erano spinte oltre la soglia delle loro stanze, avevano sfidato un mondo proibito che a lungo era sembrato precluso.

Le prime giornaliste sarde erano donne coraggiose, intrepide e rivoluzionarie.

Capaci attraverso la scrittura di compiere un atto rivoluzionario: comunicare ed entrare nella sfera pubblica, diritto riservato a lungo agli uomini.

Pioniere e apripista, combatterono per essere pubblicate lette e ascoltate.

Scelsero di essere testimoni del loro tempo, di esprimere opinioni e pensieri attraverso la parola scritta, strumento fondamentale per tracciare il loro destino e quello di tante altre donne.

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Un’isola di precari che guadagnano poco

di Andrea Matta

È questa l’estrema sintesi del dossier “Il giornalismo in Sardegna” curato dall’UCSI Sardegna (Unione Cattolica della Stampa Italiana) coordinato da Alessandro Zorco e dal gruppo di lavoro formato da Bruno Ghiglieri, Andrea Pala, Gian Luigi Pittau e Simone Bellisai.

Un lavoro definito coraggioso dagli esperti nel settore che hanno partecipato alla presentazione nella sala Fondazione di Sardegna lo scorso 12 maggio in una mattinata che ha visto presenti pochi giovani giornalisti.

“Il dossier – spiega Alessandro Zorco – fotografa il reale spaccato dell’informazione in Sardegna dove a fronte di una minoranza di colleghi contrattualizzati e ancora ben tutelati c’è una platea sempre più ampia di giornalisti precari e sottopagati.

Abbiamo sempre saputo che un collaboratore prende pochi euro per un pezzo scritto sul giornale, ma era da tanti anni che non si provava a fare un censimento dei giornalisti precari sardi.

Ho constatato che per molti colleghi vedere nero su bianco e senza troppi giri di parole quali sono i numeri effettivi è stato abbastanza sconcertante.”

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Il giornalismo è la lotta per il giornalismo

di Vito Biolchini
Questo intervento è stato pubblicato nel dossier “Il giornalismo in Sardegna”, curato da Ucsi Sardegna e presentato nelle scorse settimane.

Accadde tutto in pochi giorni sei anni fa, un’altra epoca a pensarci oggi. Dirigevo a Cagliari una radio privata, ero assunto a tempo indeterminato, andavo in onda due ore in diretta la mattina ma per il resto il lavoro organizzativo si stava mangiando la mia vita professionale.

Telefono, scrivania, riunioni.

Per consentire ai miei colleghi di fare al meglio i giornalisti, il giornalista non lo stavo più facendo io.

Così, all’improvviso aprii un blog e iniziai a scrivere, e sotto il mio nome misi una frase che ricordavo di aver letto in un manuale di giornalismo: “La libertà di stampa è di chi possiede un organo di stampa”.

Come dire: è inutile essere giornalisti se poi non hai una testata dove lavorare.

Non sono più riuscito a trovare l’autore di quella frase (di cui mi approprierò, per usucapione, a tempo debito, e la spaccerò per mia), ma poco importa: la testata ero io, il blog divenne il mio giornale privato, dove scrivere ciò che per mancanza di tempo non riuscivo a dire in radio.

Un sontuoso passatempo.

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