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Intervista – La notte dei licei classici 2019

di Davide Atzori

[foto tratta dalla pagina Facebook Notte Nazionale del Liceo Classico]

Dopo la campanella, poco prima della lezione.

E’ il quinto compleanno per la Notte del liceo Classico a Cagliari.

Cinque anni sono tanti per un’iniziativa nata dalla diabolica idea di un professore siciliano, Rocco Schembra, che ha pensato di aprire al pubblico l’ingresso dei licei classici italiani, portatori sani di calcinacci e lancio dello sbuffo.

Almeno per una notte gli studenti potranno esorcizzare i casermoni adibiti all’istruzione, esibendosi in attività intellettuali volte alla valorizzazione della musica, della letteratura, del teatro, della poesia e della danza.

Chiunque potrà assistervi, a patto che si spogli da ogni preconcetto e sia disposto a vedere la bellezza anche dove apparentemente non c’è per fare un carico di cultura somministrata con eleganza e delicatezza.

Saranno tre le scuole cagliaritane partecipanti (i licei Dettori, Siotto ed Euclide), venerdi 11 Gennaio dalle ore 18.00 alle 24.00.

A seguire l’intervista alla professoressa Letizia Fassò, docente di Storia e Filosofia presso il Liceo Dettori. Ho fatto un po’ di  fatica a porle le domande poiché durante i miei anni grigi dello scientifico è stata una mia insegnante e Dio solo sa quanto la sudditanza psicologica giochi brutti scherzi.

Si nasce alunni e si muore alunni.

Sono tanti gli spunti interessanti.

Fin dal principio  si è fatta chiarezza sugli obbiettivi dell’iniziativa, sullo stato di salute culturale tra i giovani liceali e sui cambiamenti generazionali.

Sono emerse riflessioni sull’importanza dell’informazione, sulla quotidiana lotta dei professori contro il disinteresse, su quanto sia difficile competere contro l’uso smodato degli smartphone.

Entrambi concordiamo sul fatto che la serata di venerdì abbia un grande potenziale.

Docenti e alunni hanno lavorato in sinergia, arricchendosi a vicenda, vincendo forse alcuni timori dettati dai rispettivi ruoli.

A questo giro mi sono preso una piccola soddisfazione: fingere di interrogarla.

Ci parli di questa iniziativa. Perché dovremmo andarci?

E’ nata quasi cinque anni fa in un liceo siciliano. L’obbiettivo era ed è tuttora quello di valorizzare la formazione del Liceo Classico con i suoi protagonisti: gli studenti. Ogni ragazzo che ha deciso di partecipare l’ha fatto di sua spontanea volontà e questo è ammirevole. È un’iniziativa rilevante poiché l’atmosfera che si viene a creare è di piacevole e allo stesso tempo caotica partecipazione. Durante le scorse edizioni c’è stata perfino una ressa di persone.
È stato un chiaro segnale di riuscita.

Ritiene che questo genere di manifestazioni possano essere utili per stimolare la sete di  conoscenza nelle nuove generazioni, in particolar modo nei confronti delle discipline classiche?

Secondo me sì, e ci tengo a precisare che ogni anno vengono invitati i ragazzi delle medie che hanno espresso preferenza verso gli indirizzi umanistici, accompagnati dai loro genitori. I giovani possono e devono appropriarsi con la loro vivacità della cultura classica.

Liceo classico come fucina di talenti, o è il talento a scegliere il liceo classico?

La preparazione del classico non sforna talenti e non è superiore a quella degli altri istituti.  La formazione è a tutto campo, apre la mente. Fino a pochi anni fa c’era da parte delle generazioni passate un vivace desiderio di informazione. Oggi c’è un calo di attenzione dovuto probabilmente alla tecnologia. Noto poco coinvolgimento nei confronti dell’attualità, verso ciò che sta fuori il perimetro del proprio naso. La sfida è far capire ai giovani che leggere è bello, che l’immediatezza che si può avere dai video online non è poi così utile ed appagante sulla lunga distanza.
È meglio focalizzarsi sull’interesse e la passione. Entrambi se coltivati possono dare grandi soddisfazioni. Il talento in ogni caso deve essere estrapolato e trattato con cautela.

Questa girandola di condivisioni virtuose può spazzare via i pregiudizi negativi riguardo gli studenti?

È certamente positivo mostrare coi fatti  un lato della medaglia completamente antitetico a quello del bullismo, dell’apatia, del mancato rispetto verso le autorità scolastiche etc.  Un bel modo per combattere i pregiudizi è smentirli. Ovviamente ogni allievo deve costantemente lavorare su se stesso.

La notte del liceo non rischia di diventare un’operazione intellettuale eccessivamente elitaria?

No, anzi ritengo che anche gli alunni degli altri istituti dovrebbero sentirsi coinvolti, principalmente per curiosità, per vedere qualche volto amico, anche per passare un venerdì divertente e vedere altro. È un’occasione per tutti. Da noi al Dettori, già da qualche anno, il catering è curato dai ragazzi dell’istituto Azuni. Alcuni sono portatori di handicap. Una collaborazione affascinante dove ciascuno ha la possibilità di mettere in mostra le proprie capacità.

Un teatro capace di accogliere ed aprirsi al mondo

ANCHE A PAGINA 32 DELLA RIVISTA DI FEBBRAIO 2019

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di Francesca Pani e Mauro Mou – attori

Il teatro è luogo di incontro tra chi realizza uno spettacolo e la comunità che lo accoglie.

A partire dagli anni ’70 il teatro sociale si afferma come un vero e proprio movimento grazie al quale l’arte diventa anche strumento di emancipazione. Ci si oppone all’idea di un teatro elitario e si comincia a lavorare alla creazione di un teatro funzionale; un teatro che si occupa di cause sociali, di disabilità psichiche e fisiche, ma anche di processi educativi e scolastici.

L’arte viene intesa come critica alla società, stimolo a cambiare ciò che non funziona, a sostegno degli ultimi. Il teatro diviene luogo di accoglienza, in cui gli esclusi, gli emarginati dalla scena sociale (come spesso capita nel cinema, nei social o nella televisione) trovano una casa, un ruolo e diventano protagonisti.

Insomma il teatro diventa un vero esercizio di umanità, un laboratorio che insegna ad abbattere barriere, stereotipi e pregiudizi, e a lasciar spazio alla condivisione e all’empatia. Si scoprono nuovi confini personali e nuove frontiere di possibili convivenze. Il teatro si fa rito, urgenza della collettività.

E qui viene da chiedersi, ma qual è il segreto del teatro?

La risposta è molto semplice, il teatro è un gioco.

Partendo da questi presupposti il nostro fare teatro sociale si rivolge spesso anche ai più piccoli. Attraverso lo spettacolo Tre Bottoni e la casa con le ruote prodotto dal Cada die Teatro, incontriamo i bambini di tutte le scuole per parlare di accoglienza, di comunità e di una società possibile in cui possono stare tutti.

La locandina dello spettacolo

La trama

Raccontiamo la storia di un falegname, di nome Tre Bottoni, costretto a lasciare il proprio paese perché nessuno compra più i mobili che lui realizza con tanta cura, così decide di andare via e di costruirsi una piccola casa con le ruote, a misura del suo corpo. Durante il viaggio si presentano alla sua porta tante persone che arrivano da luoghi inospitali, ognuno con delle difficoltà da superare, e Tre Bottoni apre la porta e il cuore. Nonostante il poco spazio, grazie alla sua generosità si crea una grande comunità dove ci stanno anche il re e il suo cavallo.

Tre Bottoni è una reinterpretazione di un racconto di Gianni Rodari pubblicato nel 1969 sul Corriere dei Piccoli. Rodari era un autore che credeva nell’importanza del dialogo coi bambini, anche per temi importanti e difficili.

Bambini imparate a fare le cose difficili: dare la mano al cieco, cantare per il sordo, liberare gli schiavi che si credono liberi.

Lettera ai bambini – Gianni Rodari

Utilizzava fiabe e filastrocche per esprimere la poetica degli umili, per battersi contro il disagio sociale, convinto che creatività e fantasia non servano ad evadere, ma siano strumenti per trasformare la realtà.

Per lo spettacolo utilizziamo elementi semplici, che possono però generare nel bambino stupore e meraviglia. Attraverso il linguaggio del corpo, della musica, della parola invitiamo ad andare oltre sé stessi, alla ricerca di una possibile felicità che nasca dal dono e dall’apertura verso l’altro.

Non solo recitazione

Lo spettacolo si accompagna anche ad un laboratorio nel quale mostriamo ai bambini come realizzare piccole marionette con materiale riciclato; mentre i bimbi scelgono quale espressione dare al proprio al personaggio, sperimentano loro stessi una comunità aperta a tutti.

In un momento in cui si alzano barriere e ci si chiude dentro le proprie case-fortezza, dove si è convinti ci sia tutto il necessario per stare bene da soli, la storia di Tre Bottoni parla di una casa capace di accogliere e aprirsi al mondo, alle diversità.

Il nostro corpo è la nostra prima casa, e attraverso questo possiamo conoscere, stringere una mano, abbracciare qualcuno e portarlo nel nostro cuore.

I ragazzi al Teatro Lirico con Massimiliano Medda: una risata va sempre bene

di A.M.

L’opera al Teatro Lirico di Cagliari con un protagonista d’eccezione. Massimiliano Medda, attore cagliaritano e capocomico della Compagnia Lapola, ha portato in scena le opere più prestigiose e conosciute. In platea un pubblico particolare: i bambini e i ragazzi delle scuole. Dal Nabucco al Barbiere di Siviglia passando, tra gli altri, per l’Aida, La Boheme, La Traviata, La Ciociara, Lucia di Lammermoor. «Da diversi anni collaboro con il Teatro Lirico e tutte le opere che vengono fatte nella versione serale vengono proposte per le scuole». Un modo divertente per far conoscere ed educare al teatro le nuove generazioni, spesso lontane da questa forma di comunicazione: «È fondamentale perché, grazie agli spettacoli, ai concerti, alle proiezioni dei film che i ragazzi conoscono e si abituano alla cultura. Le nuove generazioni sono cresciute con l’idea che l’opera è noiosa invece non è così.

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Contro l’emarginazione nella scuola e nella società

di Daniele Altieri

Associazione di Promozione Sociale SpazioAcca Onlus, nasce nel 2000, riunisce insieme famiglie di ragazzi con difficoltà e/o disabilità, esperti e specialisti (insegnanti, pedagogisti, psicologi, neuropsichiatri infantili) che offrono gratuitamente la loro collaborazione professionale. Opera per la valorizzazione e promozione umana e sociale delle persone con disabilità e/o in situazione di difficoltà per tutelarne la dignità e migliorare la qualità della loro vita. Svolge attività in favore dei minori in situazione di disabilità e/o difficoltà, al fine di rendere concreti ed effettivi i principi sanciti dalla Carta Costituzionale e i diritti sanciti dalle leggi, battendosi contro ogni forma di emarginazione nella scuola e nella società.

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Insegnanti di sostegno – Ruolo strategico per l’inclusione scolastica

di Evelina Chiocca

Quello del docente specializzato per le attività di sostegno è un ruolo strategico e fondamentale ai fini dell’inclusione scolastica degli alunni con disabilità nelle scuole di ogni ordine e grado. Non a caso, questa figura di “sostegno alla classe” è, prima di tutto, un docente, che ha aggiunto al suo percorso formativo di base un corso di specializzazione per le attività di sostegno. È quindi “una” delle figure di sistema coinvolta nel processo inclusivo, che opera in contitolarità con i colleghi assegnati alla classe, secondo una logica sistemica, rispettoso del paradigma della corresponsabilità.

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