
Sant’Efisio, la tradizione delle “traccas” quartesi
di Davide Atzori
Ci sono posti dove le tradizioni non muoiono mai, fari in una civiltà sempre più moderna che con fare futurista snobba quanto di bello il passato ha tramandato. Quartu da sempre, risponde orgogliosamente al richiamo della festa di Sant’Efisio. Lo fa grazie ai suoi appassionati, coloro che sentono il piacere e il dovere di tramandare, grazie anche alle nuove generazioni, antiche usanze, vecchi mestieri, nomi di oggetti andati in disuso. L’occasione per raccontare i retroscena della preparazione della cosiddetta “tracca” ci viene data da Katia Frau, una delle donne della sezione quartese della FIDAPA.
Con gentilezza apre le porte del quartier generale nei pressi di Via Sicilia, dove ogni oggetto sembra stare al suo posto, in un continuo brulicare che trasuda entusiasmo e atavica collaborazione. La prima cosa che salta all’occhio è la presenza di ragazzi e bambini, che per questa occasione come tante piccole api operaie danno man forte agli adulti, rappresentati da una considerevole presenza femminile. Le donne, intente alla preparazione, mettono subito in chiaro che il loro non è un ruolo marginale bensì di prestigio e coordinamento. A troneggiare con grandiosa imponenza è il carro, che ha attorno una folta coltre di collaboratori. Suscita rispetto ma è ancora in potenza: mancano le ruote, quelle verranno montate per ultime. Ricorda vagamente una Ferrari nei gran premi durante i pit stop. Katia e suo padre Luigi tengono a precisare che l’incompiutezza del carro non renda giustizia al suo reale splendore, ma vedendo l’anteprima viene istintivo farsi un’idea. È un tripudio di colori ed orpelli che vanno ad adornare una cornice quasi ricolma di fiori tipici del mediterraneo. Se ne avverte il profumo. Luigi richiama la mia attenzione. Ai lati del carro, tra dolci e prodotti tipici, ce n’è uno in particolare. Sono uova avvolte dentro il pane. Si chiama “angolia”, guai a chiamarlo “coccoi”.
Katia, da quanti anni prosegue la vostra tradizione? «Nella mia famiglia praticamente da sempre. Anche i miei bisnonni erano coinvolti. Io personalmente dal 1982, e da quell’anno non ho mai mancato un’edizione. Questa “tracca” in particolare partecipa dagli anni Cinquanta»
Potresti parlare di tuo babbo e della sua importanza in quest’evento?«Mio padre è Luigi Frau, mio nonno invece era Luigi Pusceddu, anche lui “obriere”»
Insomma un’antica tradizione«Si, un’antichissima tradizione familiare e i miei figli non vedono l’ora di prendere il testimone»
Qual è il segreto per affascinare e convincere le nuove generazioni a partecipare alla festa di Sant’Efisio e collaborare con voi?«Viverlo per noi è entusiasmante. Portiamo sul carro la nostra storia, le nostre usanze e consideriamo l’evento come il Natale. Non è la festa del primo Maggio in se, piuttosto i due mesi precedenti nei quali iniziamo la preparazione. Siamo in tutto 7 famiglie, e i bambini e i miei figli sono cresciuti in questo ambiente, un po’ come me da bambina»
Questo fa si che si crei una bella collaborazione«La socializzazione che si crea a tutti i livelli, dal più giovane al più anziano è la cosa che mi colpisce di più. Non c’è il portone chiuso, tutti possono dare una mano e siamo aperti a chiunque»
Nella preparazione della tracca c’è una forte presenza femminile. Quanto è importante la figura della donna durante i preparativi?«La figura della donna è importante soprattutto per il lavoro di fino, di cura del dettaglio e di pianificazione. In realtà sia gli uomini che le donne si dividono i compiti e cooperano in piena sintonia senza alcuna subordinazione»
Come si suddivide il lavoro in questi giorni frenetici?«Il carro ora (nella mattinata di martedì, ndr) non è ultimato. Quello che si vede è solo un pezzo. Ora lo decoriamo e stanotte completeremo le rifiniture, per esempio coi fiori di campo che vanno messi per ultimi altrimenti appassirebbero. Poiché di dimensioni notevoli ora sta dentro coi ruotini. Alle 3 del mattino lo tireremo fuori, completeremo l’allestimento esterno e poi gli verranno messe le ruote. Essendo completamente di legno, vengono messe ore prima a bagno nell’acqua in modo da perfezionarne l’aderenza. Il passo successivo è l’adornamento dei buoi e l’allestimento generale. Il carro partirà vuoto intorno alle 5 del mattino fino a Generuxi»
A quale periodo risalgono gli abiti, i tappeti e in generali i ricami? «C’è qualche pezzo risalente all’Ottocento»
Poco fa tuo padre mi ha accennato che il vostro è il carro più grande della sfilata«La struttura di base del carro non è adibita per il trasporto del fieno, bensì per il trasporto delle pietre. Ecco il perché delle ruote piene, utili in passato al trasporto in campagna di carichi maggiori»
La FIDAPA incoraggia questa iniziativa?«La FIDAPA in quanto associazione femminile, ha lo scopo di valorizzare le donne nelle arti e nei mestieri. Questa è un’arte, perché crea, costruisce dal niente»
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Rina Salis
Le nostre Vestali delle tradizioni, arte, cultura e mestieri, così come prescrive la Fidapa nel suo statuto